Una nuova scoperta rivela la storia dietro le misteriose pietre di Stonehenge

<p>Continuano a emergere dettagli sorprendenti riguardo a <a href="https://arte.sky.it/news/2023/studio-scoperta-stonehenge-archeologia" target="_blank">Stonehenge</a>, uno dei monumenti neolitici più celebri e misteriosi al mondo. La scoperta più recente è legata alle indagini scientifiche condotte su un reperto molto particolare: un antico dente bovino risalente al terzo millennio avanti Cristo, ritrovato nel 1924 nei pressi del sito archeologico.</p>
<p>Lo studio a cura di un team multidisciplinare di scienziati britannici ha confermato che la mucca a cui apparteneva il dente proveniva dalla stessa area del Galles presso cui sono state estratte le <i>bluestones</i>, le famose “<a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/02/scoperta-lorigine-delle-pietre-blu-di-stonehenge" target="_blank">pietre blu</a>” di Stonehenge. Si rafforza così l'ipotesi secondo cui i costruttori del monumento avrebbero impiegato bovini per trasportare attraverso la Gran Bretagna le pietre della cerchia interna, pesanti in media circa 4 tonnellate ciascuna.</p>
<h2>SVELATO IL RUOLO DEI BOVINI NEL TRASPORTO DEI MEGALITI DI STONEHENGE</h2>
<p>La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati solo nelle scorse settimane, è stata condotta da scienziati di tre diverse istituzioni del Regno Unito: l’<a href="https://arte.sky.it/archivio/2016/06/archeologia-partecipata-la-sperimentazione-del-museo-egizio-di-torino" target="_blank">University College London</a>, la Cardiff University e il <a href="https://arte.sky.it/news/2021/scoperte-stonehenge-quarzo" target="_blank">British Geological Survey</a>. Gli esperti hanno utilizzato avanzate tecniche di bio-archeologia, tra cui una serie di analisi isotopiche su nove diverse sezioni del molare bovino. Tali indagini hanno permesso di scoprire dettagli come l’età dell’animale, la sua dieta e la provenienza del cibo masticato.</p>
<p>Grazie a questi dati, oggi sappiamo che il reperto biologico apparteneva a una giovane mucca di circa sei mesi che aveva attraversato i pascoli del Galles meridionale – la stessa regione dove si trovano le Preseli Hills da cui provengono le <i>bluestones </i>di Stonehenge. Si tratta della prima conferma del legame diretto tra le colline gallesi e il bestiame sepolto nei pressi del sito archeologico, distante quasi trecento chilometri. Un indizio importante a riprova dell’uso dei bovini come animali da soma per il trasporto dei <a href="https://arte.sky.it/news/2024/scoperta-stonehenge-inghilterra" target="_blank">megaliti</a> ancora visibili nella cerchia interna del monumento neolitico.</p>
<h2>UN DENTE DI MUCCA SVELA I SEGRETI DELLA STORIA DEL SITO NEOLITICO</h2>
<p>Oltre a confermare il legame tra la piana di Salisbury (dove sorge Stonehenge) e l’area del Galles sud-occidentale (zona di estrazione delle <i>bluestones</i>), lo studio ha portato alla luce numerosi altri dettagli inediti, inclusa la possibilità che la mucca fosse gravida o in allattamento durante la formazione del dente. Questo innovativo approccio scientifico alla “biografia” di un singolo animale offre una prospettiva assolutamente originale sulla storia di Stonehenge.</p>
<p>Da più di un secolo, infatti, gli studiosi si interrogano sulla presenza di questo reperto animale, collocato con grande cura nei pressi dell’entrata meridionale del sito. Ora gli esperti sono sempre più convinti che, oltre a costituire un’importante risorsa alimentare e ad avere una grande valenza rituale, i bovini abbiano svolto un ruolo attivo nel trasporto delle enormi pietre attraverso le colline e le pianure della Gran Bretagna. La ricerca costituisce così il punto di partenza ideale per una nuova serie di studi destinati con ogni probabilità a svelare i numerosi misteri che ancora circondano Stonehenge.</p>
<p>[Immagine in apertura: foto di K. Mitch Hodge su Unsplash]</p>


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In Puglia un evento in ricordo di Gianni Berengo Gardin

<p>Il fotografo <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mostra-berengo-gardin-morandi" target="_blank">Gianni Berengo Gardin</a> è stato uno degli "occhi" più lucidi e sensibili del Novecento italiano. Nato a Santa Margherita Ligure nel 1930, ha attraversato oltre sessant’anni di storia con la sua Leica al collo, restituendo al Paese un archivio visivo che non ha eguali. Dai reportage sociali ai ritratti urbani, dalle fabbriche Olivetti alle architetture di Renzo Piano, Berengo Gardin ha scelto di fotografare per necessità espressiva, con un approccio etico e partecipato. Oggi, <a href="https://arte.sky.it/news/2025/addio-gianni-berengo-gardin-fotografia" target="_blank">a pochi giorni dalla sua scomparsa</a>, avvenuta lo scorso 6 agosto, Trani lo celebra con <i>Storie di Puglia. Fotografie dall’Archivio di Gianni Berengo Gardin</i>, la mostra ospitata a Palazzo delle Arti Beltrani fino al 31 agosto.</p>
<h2>LA MOSTRA-TRIBUTO A GIANNI BERENGO GARDIN A TRANI</h2>
<p>L’esposizione, curata dalla storica dell’arte e della fotografia Alessia Venditti, raccoglie trentasei immagini in bianco e nero realizzate negli anni Sessanta, molte delle quali commissionate dal Touring Club Italiano. È la prima volta che questi scatti approdano in Puglia, regione che Berengo Gardin seppe raccontare in un momento di cambiamento profondo, tra modernità incalzante e tradizione resistente.</p>
<p>Nelle sale del Palazzo delle Arti Beltrani, il visitatore si trova immerso in un percorso che racconta la vita della comunità: i mercati, i volti dei bambini, le architetture di pietra bianca lambite dal sole, la quotidianità che si fa poesia visiva. I contributi di Marcello Sparaventi e dell’architetta Mariana Soricelli ampliano la narrazione, intrecciando le immagini del Maestro con la storia urbanistica e sociale del territorio. </p>
<h2>LA CERIMONIA PER GIANNI BERENGO GARDIN IL 30 AGOSTO</h2>
<p>Per salutare degnamente l’opera e la figura di Berengo Gardin, Palazzo delle Arti Beltrani ha organizzato un evento sabato 30 agosto alle 18.30, alla vigilia della chiusura della mostra. Una tavola rotonda dal carattere intimo e riflessivo vedrà la partecipazione di Rosalinda Romanelli (docente di Storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Bari), Saverio Massaro (dottore di ricerca in Architettura e civic designer dell’Università della Basilicata) e della stessa Alessia Venditti, curatrice dell’esposizione. A seguire, sarà proprio lei a condurre l’ultima visita guidata, offrendo al pubblico uno sguardo privilegiato sulle fotografie e sul pensiero dell’autore. Sarà un momento di raccoglimento e di condivisione, che mira a restituire ancora una volta la lezione più grande di Berengo Gardin: la capacità di trasformare la realtà in racconto e la luce in memoria collettiva.</p>
<p>[Immagine in apertura: Gianni Berengo Gardin. Foto di Luca Nizzoli Toetti]</p>


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