Libertà, violenza, fantasia e perversione convivono della figura di Sade. Il celeberrimo marchese, amato e contestato in vita e nei secoli a seguire, è oggi protagonista di un nuovo progetto espositivo. Al Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona.

Diversi eventi, nel corso degli ultimi anni, hanno portato nuovamente la figura di Sade all'attenzione del grande pubblico. Non che questa fosse sopita, anzi. Vero è che nell'arco del XX e del XXI secolo il nome e le opere del celebre poeta, politico e saggista parigino non hanno smesso di appassionare letterati e pensatori di ogni dove. Icona della libertà di pensiero e acceso sostenitore della rivoluzione francese, il “divin marchese” è stato però anche oggetto di costanti malintesi. La sua arte non “addomesticata”, spesso racchiusa nelle categorie del grottesco e del blasfemo, ha spinto l'opinione pubblica a esaltare più gli stereotipi legati al personaggio che non gli ideali alla base della sua visione del mondo. Un equivoco che numerose mostre e conferenze hanno cercato di sfatare, offrendo una visione più lucida e meno emozionale di un uomo che pagò a caro prezzo per l’indipendenza del suo credo. CHI ERA SADE? Si inserisce in questo percorso Sade. Freedom or Evil, la mostra in programma al CCCB – Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona a partire dal prossimo 15 maggio. Così come già accaduto in altri casi, la mostra (aperta fino al 15 ottobre) punta a rispolverare la figura di Sade e a smussare le controversie che da sempre circondano il suo nome. Per farlo chiama a raccolta numerosi artisti e intellettuali che, in epoche diverse, videro nel filosofo un esempio e uno stimolo a raffrontarsi con i limiti (politici e morali) della società. A curare la rassegna sono Alyce Mahon e Antonio Monegal, incaricati dal centro d'arte spagnolo di selezionare le opere di autori e autrici del passato e del presente in grado di offrire visioni inedite su questo protagonista del Settecento europeo. LA MOSTRA AL CCCB DI BARCELLONA Figlio di una nobile famiglia, dalla quale tuttavia si distaccò presto rinunciando a ogni titolo signorile, Donatien-Alphonse-François de Sade fu a lungo accusato di vari reati, per lo più di natura immorale, e perciò condannato dal regime monarchico francese e dal governo napoleonico. Chiuso in carcere per trent'anni, censurato e ritenuto folle (morirà nel 1814 nell'“albergo dei pazzi” di Charenton), l'autore fu riscoperto e rivalutato solo nel primo Novecento, considerato un “precursore” del Surrealismo e della psicoanalisi. Eppure le ombre intorno alla sua figura restano. A porsi domande sul suo conto, e a offrire le proprie interpretazioni, sono nella mostra di Barcellona Guillaume Apollinaire, Salvador Dalí e Man Ray, tra i primi a riabilitare Sade e a diffondere il suo lavoro. Impossibile inoltre non menzionare il ruolo di Pier Paolo Pasolini, che nel 1975 portava sul grande schermo la sua interpretazione de Le 120 giornate di Sodoma. Largo spazio è infine destinato all'arte contemporanea: oltre alle opere di Marcelo Brodsky, Robert Mapplethorpe e Susan Meiselas, il percorso espositivo include i lavori di Paul Chan, Shu Lea Cheang e Kara Walker, messi in dialogo con quelli di Joan Fontcuberta, Domestic Data Streamers e Bernard Noël. Un progetto interdisciplinare che invita il pubblico ad andare oltre gli stereotipi, rendendo giustizia a una figura certamente controversa, ma meritevole di nuove analisi. [Immagine in apertura: Element del vestit confeccionat per Jean Benoît per a la performance Execució del testament del Marquès de Sade, 2 de desembre de 1959. Image cortesia de Galerie Les Yeux Fertiles – Collection Jean-Jacques Plaisance, París]
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