La Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna si prepara ad accogliere "Hidden Displays", la mostra dedicata ai progetti d'artista non realizzati dagli anni Settanta a oggi. Al centro della rassegna ci sono decine di eventi, mostre, idee originariamente concepiti in ambito bolognese e mai portati a compimento.

Donare nuova luce a progetti d'arte che – per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche o morali – non sono mai stati portati a compimento, rimanendo tra le pieghe della storia come azioni incompiute o mai nate. Sono questi i presupposti di MoRE. a Museum of Refused and Unrealised Art Projects, l'archivio itinerante e digitale che da quasi dieci anni raccoglie, conserva ed espone virtualmente i progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo. Ad accogliere temporaneamente questo atipico museo sarà la Project Room del MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, grazie alla mostra Hidden Displays 1975-2020, un evento che, già nel titolo, chiarisce bene le intenzioni poetiche (e politiche) dell'iniziativa. PROGETTI NON REALIZZATI A BOLOGNA Curata da Elisabetta Modena e Valentina Rossi (e visitabile dal 7 ottobre fino al prossimo 9 gennaio), la rassegna rende visibili al pubblico una cinquantina di tracce di un racconto ancora ignoto. Quelle esposte non sono infatti opere nel senso comune del termine (o almeno, non solo). Si tratta piuttosto di documenti, bozzetti, ricordi e testimonianze registrate, presentati in modo non lineare e non cronologico, come a voler condurre il pubblico in un “contenitore” che ha più a che fare con l'archeologia (nella sua accezione di scavo e recupero dal passato) che con l'arte in senso stretto. GLI ARTISTI IN MOSTRA I progetti sono stati selezionati all'interno di un arco temporale che va dal 1975 (anno di nascita della Galleria d’Arte Moderna di Bologna) a oggi, e vedono il coinvolgimento di curatori e critici quali Lorenzo Balbi, Renato Barilli, Germano Celant, Marinella Paderni e Lea Vergine, e artisti come Riccardo Benassi, William Burroughs, Ericailcane, Jannis Kounellis e Flavio Favelli. A venire a galla sono progetti non compiuti, alcuni dei quali finalmente tradotti in realtà. Durante il periodo di apertura della mostra è infatti prevista la realizzazione di una serie di progetti emersi nel corso della ricerca ed esposti negli spazi della Project Room. Una sorta di “post-enactment”, con la messa in scena di un’opera nata originariamente in un contesto specifico, non realizzata, e prodotta poi in un’altra situazione. Si parte sabato 11 dicembre con il progetto di Emilio Fantin. UNA RIFLESSIONE SULLA STORIA DELL'ARTE A raccontare il senso di Hidden Displays 1975-2020 sono le stesse curatrici Elisabetta Modena e Valentina Rossi, che sintetizzano così il valore dell'iniziativa. “I progetti qui raccontati aprono una riflessione sul labile confine tra ciò che può essere definito come realizzato e ciò che non può esserlo, perché i progetti qui presentati sono stati pensati, studiati e proposti: la loro dimensione materiale e reale sarà evidente nella Project Room del museo, in cui si affolleranno testi, bozzetti, maquette, carteggi, disegni, planimetrie, render, video, fotografie, appunti, ma anche idee, visioni, e speranze”. [Immagine in apertura: Ericailcane, Senza titolo, 2014, maquette. Courtesy dell’artista]
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