Il nostro Eduardo

Domenica 30 gennaio – ore 21:15

Nonostante siano trascorsi più di 120 anni dalla nascita a Napoli di Eduardo De Filippo, le sue commedie mantengono intatti il loro valore e la loro attualità, grazie al fatto che i loro significati giungono a noi con la medesima forza dell’epoca in cui sono stati scritti. A essere senza tempo sono i temi che, in modo premonitore, mette in scena Eduardo: la crisi della famiglia, il rapporto tra padri e figli e tra uomo e donna, il disagio nella perdita dei valori, le tensioni e i conflitti individuali, il senso del dovere e la vendetta; ma soprattutto la ricerca di una verità che dia senso alla vita di tutti i giorni, scoprendo falsità e inganni generati sia dalle debolezze dell’uomo che dall’inasprimento e dalla competitività della società. E cosa c’è oggi di più contemporaneo, e forse anche di trasgressivo, che la spinta a cercare la verità in una fase storica dominata dalle fake news? Il teatro per Eduardo De Filippo è il luogo della sua vita: è l’unico posto dove trova pace perché lì, e nelle ore in cui scrive le sue commedie, riesce a sciogliere e risolvere i nodi dell’esistenza e soprattutto della sua origine. A raccontarlo, nel documentario Il nostro Eduardo, in onda domenica 30 gennaio su Sky Arte, è per la prima volta la sua famiglia – i nipoti, i figli di Luca, Matteo, Tommaso e Luisa. Hanno aperto i cassetti di casa e scovato fotografie e filmini inediti, nonché tante lettere che descrivono il vero Eduardo, lontano dalle rappresentazioni spesso trasfigurate dal tempo. Era figlio illegittimo, insieme ai fratelli Peppino e Titina, di Eduardo Scarpetta, il più famoso attore e commediografo di allora. Il teatro diventa così uno straordinario osservatorio delle sfaccettature dell’uomo moderno, volubile, pronto al compromesso, contraddittorio, fragile, ma sempre in cerca di una via d’uscita che restituisca l'armonia di certo mancata nella sua infanzia. Il documentario evidenzia tutto ciò che nella sua opera, ma anche nella sua attitudine alla vita, è estremamente contemporaneo. Come Pirandello, ancor forse più di Pirandello, a dispetto dell’iconografia in bianco e nero che lo riguarda e di quella magrezza da uomo del dopoguerra, Eduardo ci parla. Ci parla con una lingua che non ha bisogno di alcun intervento di “modernizzazione”.
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