Nel Giorno della Memoria, un fumetto racconta la testimonianza di una delle ultime sopravvissute all’Olocausto, con l’intento di non dimenticare la pagina più buia della storia dell’uomo. L’autrice è la giovane fumettista Aurore D’Hondt.

Delle 74 mila persone deportate dalla Francia nel campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau in Polonia, solo in 4mila riuscirono a fare ritorno nelle loro case nel 1945. Ginette Kolinka fu una di quelle: ad oggi, la 98enne parigina è una delle ultime sopravvissute della Shoah ancora in vita. In occasione del Giorno della Memoria, esce in libreria un fumetto – edito da BeccoGiallo e firmato dalla giovanissima autrice Aurore D’Hondt – che racconta la sua storia, dando vita a una potentissima testimonianza visiva e narrativa dal grande valore documentale e umano. IL FUMETTO SU GINETTE KOLINKA Le 240 dense pagine di Ginette Kolinka. Testimonianza di una sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau (nell’immagine in apertura un dettaglio della copertina) arrivano al lettore attraverso una scrittura e uno stile grafico diretto, senza fronzoli. Raccontando la drammatica storia di Kolinka, D’Hondt riesce nell’impresa di tenere vivo il ricordo della tragedia dell’Olocausto e dei suoi sopravvissuti: nata a Parigi nel 1925, Ginette ha solo 19 anni – proprio come la giovane autrice – quando viene arrestata e deportata ad Auschwitz insieme al padre, al fratello e a un nipote. Purtroppo, è l’unica della sua famiglia a sopravvivere.  Per diversi decenni non riesce a parlare della sua dolorosa esperienza. Soltanto alla fine degli anni Novanta troverà finalmente la forza e la determinazione necessaria, iniziando a viaggiare per tutta la Francia con un solo obiettivo: portare la sua preziosa testimonianza a più persone possibile; è proprio durante una delle sue conferenze che incontra la fumettista. LE PAROLE DI GINETTE KOLINKA “Cari lettori, questo è un piccolo libro, si legge in fretta, non crediate che sia una storia inventata. Eppure io, Ginette Kolinka nata Cherkasky, potrei dirvi che è lontana dalla realtà. Perché la realtà era peggiore. È la mia storia, l’ho subita”, scrive Kolinka nella prefazione. “Tanti sono morti (tutta la mia famiglia), non sono più tornati. Un odore non si descrive. Le percosse non potete sentirle. Io sì. Le ho ricevute. Non potete vedere colei che le subisce svenire ai piedi dell’aguzzina. Io sì”. E conclude: “Come ho fatto a sopportare tutto questo... io stessa me ne stupisco”.
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