Il nuovo graphic novel di Leila Marzocchi è un libro-inchiesta sulla memoria e sul silenzio dei sopravvissuti alle pagine più buie della nostra storia. Si intitola “L'ombra non è mai così lontana” e a firmare la sua postfazione è la celebre scrittrice e poetessa Edith Bruck.

Raccontarsi per raccontare; condividere la propria esperienza biografica con l'obiettivo di stimolare le coscienze altrui. È un atto molto generoso e certamente meditato a lungo quello di Leila Marzocchi, illustratrice per l'infanzia e per il teatro che nel suo nuovo fumetto decide di accendere i riflettori su uno dei temi più oscuri e dolorosi della propria famiglia: l'Olocausto, vissuto in prima persona dalla zia Dina e a lungo tenuto nel silenzio. Si intitola L'ombra non è mai così lontana ed è stato recentemente portato sugli scaffali da Oblomov. IL FUMETTO DI LEILA MARZOCCHI È il dicembre del 1944 quando Dina, ragazza all'epoca di diciotto anni, viene arrestata insieme al padre e al fratello, prima portata al carcere di San Giovanni in Monte e infine deportata nel lager di Bolzano. Impiegata nella produzione di cuscinetti a sfera in una galleria ferroviaria chiusa ai due lati e sorvegliata dalle SS, la giovane porta il “nome” 7998; il “nome”, come scriveva Primo Levi parlando del suo ingresso ad Auschwitz: “Siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro”. Liberata il 1° maggio del 1945, Dina perderà per sempre le tracce del padre e del fratello condotti con lei nel campo di concentramento. Di loro non saprà più nulla fino all’agosto del 1945, quando un testimone racconterà che i due sono stati uccisi nell’eccidio di Sabbiuno del 14 dicembre 1944, e i loro corpi buttati giù dai calanchi. LA STORIA DI DINA Eppure, a differenza di molti altri romanzi e storie dedicati al tragico tema della Shoah, il fumetto di Leila Marzocchi non si limita alla sola scansione degli eventi. Al contrario, la narrazione costruita dall'autrice prende forma per sottrazione: più vengono omessi gli episodi, più essi si palesano agli occhi del lettore in tutta la loro drammaticità. È infatti il silenzio il vero protagonista del racconto: un silenzio pesantissimo, come quello della stessa Dina, che per sessant'anni non farà mai parola della sua esperienza nel lager. Per paura, per vergogna, per timore di “contagiare chi ascolta con una sofferenza così grande”. È a partire da questo riverbero negativo che si dipana la storia. Per dare voce alla sofferenza vissuta dalla zia, per ricostruire ciò che è stato, per non voltarsi dall'altra parte di fronte alle immagini intollerabili che ancora oggi vediamo nei filmati e nei libri di storia, Leila Marzocchi chiede soccorso a tre guide fondamentali: Simon Wiesenthal, Edith Bruck, che firma la postfazione, e Liliana Segre, che illuminano un percorso ingombro di domande senza risposta, paure, tabù, sensi di colpa e di inadeguatezza. “Il silenzio sulla Shoah è più nocivo e più doloroso di quanto lo siano il testimoniare e lo scriverne, cosa che faccio da oltre sessant’anni”, scrive la poetessa ungherese. “Tacere è veleno per se stessi, raccontare è un dovere morale, una terapia... Anche per questo si deve gratitudine a Leila Marzocchi e alla sua mano parlante”. [Immagine in apertura: una tavola tratta da  L'ombra non è mai così lontana di Leila Marzocchi (Oblomov, 2023)]
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