Il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona ha da poco inaugurato un’intera sezione dedicata a un grande maestro del Futurismo, Gino Severini. Fra disegni, dipinti e incisioni, sono numerose le opere che la figlia dell’artista, Romana Severini, ha donato al museo.

Buone notizie per tutti gli amanti del Futurismo: da pochi giorni le sale del MAEC ‒ Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona si sono ampliate per ospitare in maniera permanente le opere di uno dei protagonisti del movimento futurista. Stiamo parlando di Gino Severini, artista poliedrico nonché figura centrale delle avanguardie storiche del Novecento. Grazie a una generosa donazione da parte di Romana Severini Brunori (figlia del celebre pittore), e alla co-curatela di Daniela Fonti, il primo piano del MAEC rende omaggio alla carriera dell'artista originario di Cortona.  Come afferma lo stesso presidente del comitato tecnico del MAEC, Nicola Caldarone: “Con la inaugurazione delle nuove sale riservate al pittore Gino Severini, la città di Cortona ha voluto, oltre che porre in maggiore evidenza e rigore espositivo le sue opere, rendere una significativa testimonianza di affetto all’arte di chi ha saputo coniugare le espressioni artistiche, conosciute e apprezzate in tutto il mondo, con l’amore verso la città natale. Un amore che oggi viene testimoniato dalla presenza della figlia Romana che ha seguito e collaborato alla felice realizzazione dell’evento artistico”. LA NUOVA SEZIONE DEL MAEC DEDICATA A GINO SEVERINI Il percorso espositivo si snoda all’interno di tre sale tematiche, offrendo un’ampia panoramica sulla ricerca di Gino Severini. Se nella prima sala, intitolata Cortona, la famiglia, è possibile immergersi in quei contesti familiari e geografici che sin dall’inizio hanno influenzato l'attività dell’artista, è in quella successiva che si entra nel vivo del racconto. Disegni, litografie e xilografie formano infatti il corpus delle opere presentate nella stanza Il museo immaginario: una raccolta di lavori dai quali emergono i soggetti principali della poetica di Severini, come le danzatrici futuriste, le maschere della Commedia dell’Arte o le nature morte cubiste. Ad arricchire l’intero ambiente vi sono anche una grande videoproiezione di capolavori dell’artista e un’ampia vetrina contenente i costumi dei personaggi di Arlecchino e Pulcinella (quest'ultimo cucito dalla moglie Jeanne nei primi anni Venti). L’atelier, le opere religiose è l’ultima sezione dell'itinerario, forse la più intima. Diviso in due parti, l’ambiente riproduce lo studio dell'artista mostrando diversi oggetti del mestiere a lui appartenuti, ricorrenti nelle nature morte degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento (come stoffe, cavalletti e tavolozze). Emblematici anche gli esempi di opere in cui Severini declina l'iconografia sacra nel linguaggio visivo contemporaneo. All'interno della sala Medicea, infine, è sempre disponibile il documentario Gino Severini. Bisogna far cantare i colori. Realizzato da Lia Polizzotti e Irene Pantaleo, il film ripercorre la vita e le opere di Severini affidandosi alle testimonianze delle curatrici e a preziosi filmati d'epoca.
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