La stesura di "Autobiografia scientifica" ha accompagnato l'architetto Aldo Rossi per un intero decennio. Concepito nella forma di diario, il libro apre un varco nella vicenda biografica del pluripremiato progettista, la cui produzione architettonica continua a essere oggetto di indagini e approfondimenti. 


Non tutti i maestri dell'architettura hanno scelto di raccontarsi in prima persona, operazione che, indipendentemente dal proprio ambito professionale, dalla reputazione e notorietà, comporta un'intensa azione di scavo a livello personale. Considerata una sorta di "testamento testuale" di Aldo Rossi, Autobiografia scientifica è in libreria nell'edizione curata da il Saggiatore (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina).L'AUTOBIOGRAFIA DELL'ARCHITETTO ALDO ROSSI L'espressione "in discreto disordine" è quella usata dall'autore per spiegare la genesi di questo libro, il più intimo fra quelli pubblicati da Rossi. Anziché ricorrere a una stesura metodica e rigorosamente pianificata, il maestro dell'architettura italiana del Novecento adottò infatti una forma intermittente. Il risultato è una sequenza di annotazioni, forse particolarmente coerente con l'idea di salvare dall'oblio e rendere note una selezione di memorie personali. Tracce e ricordi di luoghi, oggetti, incontri, situazioni, letture convergono in un volume senza tempo, in cui vita e professione finiscono inevitabilmente per intrecciarsi. Per lo stesso Rossi, del resto, questa è l'"autobiografia dei progetti che si confonde con la storia personale": come in un ciclo continuo e inesorabile, i principi fondativi della sua ricerca si rincorrono fra queste pagine, che lo hanno accompagnato per un intero decennio.STORIA E OPERE DI ALDO ROSSI Scomparso nel 1997, Aldo Rossi si è distinto nel panorama architettonico italiano e interazionale sia come progettista che in qualità di teorico. Docente nelle Università di Milano, Zurigo, Venezia, Yale, Harvard e Cranbrook, ha ottenuto nell'arco della carriera alcuni dei massimi riconoscimenti previsti a livello globale, fra cui il Pritzker Architecture Prize, il cosiddetto "Nobel dell'architettura", attribuitogli nel 1990. Complessa è la sua eredità architettonica, che comprende una lunga serie di interventi pubblici, oltre a opere destinate a committenti privati. Fra i suoi interventi più rappresentativi si ricordano il Quartiere Gallaratese di Milano (con Carlo Aymonino), il Quartiere Schützenstraße di Berlino, l'Ossario e cimitero di San Cataldo a Modena e la ricostruzione del Teatro Carlo Felice a Genova (con Ignazio Gardella).
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