Con ironia e un leggero cinismo, la fotografa Luciana Galli rende omaggio a Bari e alla sua gente. Una raccolta di scatti che condensano le identità e le specificità della città pugliese.

“Bari cambia”, recita la prima foto del volume. Di fronte a questa scritta pubblicitaria, stampata in grande su un banner affisso all'esterno del Teatro Margherita, un anziano signore passeggia. Perplesso, si interroga con il corpo e con le mani. Lo sguardo è nascosto dietro gli occhiali scuri, mentre il capo è coperto da un berretto a coppola. Una presenza, quella dell'uomo, che conferma e tradisce lo slogan sul fondo. Bari cambia? Certo. E rapidamente. A dispetto di un'Italia sempre più “milanocentrica”, dove l'ago della bilancia economica, creativa e culturale del Paese punta ineluttabilmente verso nord, il capoluogo pugliese esiste e “resiste”, offrendosi a chi arriva (e rimane) con tutto se stesso. Lucide intenzioni e frustrazioni. Rivoluzioni urbane e contraddizioni. Questa è Bari: prendere o lasciare. BARI SECONDO LUCIANA GALLI Edito da Quodlibet, Bari non è una città italiana (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina) è il nuovo volume fotografico di Luciana Galli – stimata maestra dell'obiettivo che da oltre cinquant’anni rilegge lo spazio urbano della sua città. E questo libro lo dimostra, facendo il punto su quanto documentato nel corso della carriera.  Sono moltissimi gli “sguardi” su Bari raccolti nel volume. Tanti quante sono le anime stesse della metropoli, molteplice per natura e naturalmente ambigua. “La Bari di Luciana Galli è una città che moltiplica i propri spazi di esistenza, mettendo di continuo in relazione edifici, strade, piazze, ponti – tutto ciò che è tradizionalmente e logicamente statico – con la rappresentazione unidimensionale ed euforica dello spazio”, dice Giorgio Vasta nel testo introduttivo. LONTANO DAGLI STEREOTIPI Disposti senza un ordine stabilito, con l'intento di accompagnare il lettore all'interno di una grande "cartolina" senza margini né punti di coagulo precisi, gli scatti sono un omaggio alle forme “inanimate” del tessuto urbano: spigoli, barriere rettilinee, architetture in prospettiva. Soprattutto, quelle di Luciana Galli, sono foto che deviano da ogni visione stereotipata della città. Quello dell'autrice non è il punto di vista “classista” di chi guarda al sud come al solito epicentro di inguaribili difetti, ma neanche quello trasognato che trova nel canto e nella poesia la rivalsa di una terra offesa. “La Bari che cade – e accade – negli occhi di Luciana Galli è strategicamente corpuscolare”, conferma ancora Vasta. “È un catalogo di particelle, un succedersi di frammenti che individuano e insieme disorientano. È Bari, certo, osservata in quelli che sono i suoi emblemi e nei suoi margini – e finalmente riconosciuta fuori dalla logica tradizionale del decoro o del degrado –, ma è anche un costante interrogarsi su che cos’è oggi una città”. Una visione non convenzionale delle identità e delle specificità di un luogo e della sua gente.
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