Storie e protagonisti di 40 musei americani
LETTERATURA
“Musealia Americana” è il nuovo saggio di Thomas Clement Salomon dedicato alle storie di 40 musei degli Stati Uniti; storie profondamente intrecciate a quelle di facoltosi tycoon che videro nell'arte uno strumento di investimento e di successo.
Seppur non abbiano la tradizione
artistica e culturale della “vecchia Europa”, a causa della loro
formazione relativamente recente, gli Stati Uniti d'America si sono
accaparrati nel corso del Novecento la leadership mondiale in tema di
innovazione della museografia. Basta osservare alcune delle
principali istituzioni globali in ambito artistico: luoghi come il
Guggenheim, il Metropolitan e il Getty Museum sono solo i principali
fiori all'occhiello della prosperosa scena culturale americana; una
scena sbocciata negli ultimi cinque decenni in seguito
all'affermazione politica ed economica degli States su scala
internazionale, ma anche e soprattutto grazie all'influenza di ricchi
magnati che decisero di investire il proprio patrimonio nella cultura. Non è un caso che moltissimi dei musei americani
(inclusi quelli sopra citati) portino nel loro nome i riferimenti ai
tycoon che ne vollero la fondazione.
Il nuovo saggio di Thomas Clement
Salomon – dal titolo Musealia Americana – racconta proprio
le storie di queste figure: donne e uomini straordinari che si
guadagnarono l’immortalità raccogliendo opere d’arte che poi
donarono al pubblico, fondando musei sopravvissuti nel tempo.
IL SAGGIO DI THOMAS CLEMENT SALOMON
Edito da Skira, il libro racconta in
ciascuno dei suoi quaranta capitoli altrettante istituzioni iconiche
dello scenario artistico americano. Dal Philadelphia Museum of Art al
Nelson-Atkins Museum di Kansas City, dal Legion of Honor Museum di
San Francisco al Getty Museum – probabilmente il sito culturale più
emblematico per comprendere il tema che lega le storie dietro ognuno
di questi luoghi leggendari.
Obiettivo del saggio è infatti
identificare il ruolo iniziatico e innovatore di alcuni dei più
facoltosi individui della storia americana, e le ragioni che li spinsero
a investire enormi quantità di denaro per costruire collezioni
successivamente regalate alle loro città. Così fu per Isabella
Stewart Gardner (la collezionista nota per la fondazione dell'omonimo
museo di Boston), Solomon R. Guggenheim (patron del museo di New York
a lui dedicato) e John Pierpont Morgan (il banchiere e imprenditore
statunitense a cui si deve buona parte della collezione del
Metropolitan).
UN VIAGGIO TRA I MUSEI DEGLI STATI
UNITI
Protagonisti “silenziosi” e non a
tutti noti dell'arte americana, queste facoltose figure nascondono
storie che incarnano appieno il mito del sogno americano. E non è un
caso che la loro attività sia coincisa con il periodo che segnò
l’apogeo del sistema capitalistico.
Ricchi oltre ogni misura, questi tycoon
“ossessionati dall’idea di affiancare il proprio nome a quelli
dei grandi artisti del passato”, investirono gran parte dei
loro beni nell'arte – soprattutto in quella europea, con il sogno
di colmare grazie alle loro collezioni il gap culturale nei confronti
del vecchio continente.
IL COMMENTO DI TIMOTHY RUB
“I turisti europei in visita negli
Stati Uniti, che hanno il tempo e il desiderio di esplorare questo
Paese al di là dalle destinazioni turistiche più comuni come New
York, o Washington DC, sono in genere sorpresi dal fatto che la
maggior parte delle città di medie dimensioni ospitano un'ampia
gamma di istituzioni culturali, tra cui, forse soprattutto, musei
d'arte”, scrive Timothy Rub – ex direttore del Philadelphia
Museum of Art e autore della prefazione al libro. “Molti, come
quelli di Philadelphia, Minneapolis, e Detroit, solo per citarne
alcuni, portano con orgoglio il nome della città per la quale furono
istituiti; mentre altri, come la Walters Art Gallery di Baltimora e
la Menil Collection di Houston, prendono il nome dai loro fondatori,
illustri collezionisti non soltanto orgogliosi di ciò che avevano
realizzato, ma anche desiderosi di restituire qualcosa alle comunità
in cui avevano costruito la propria fortuna. E quasi tutti erano, e
rimangono oggi, il prodotto della filantropia privata”.
[Immagine in apertura: Getty Villa Los
Angeles, California p.27 © Shutterstock]