“Mario Giacomelli. Una retrospettiva. La Raccolta di Lonato del Garda” è la nuova monografia edita da Skira e dedicata al grande fotografo marchigiano. Una parata di immagini in bianco e nero che restituiscono lo sguardo poetico e anarchico dell'artista.

A soli tredici anni Mario Giacomelli inizia a lavorare in una tipografia di Senigallia (“il suo mestiere è il tipografo, quando fotografa sogna”, disse di se stesso in un'intervista del 1998). Nel 1953 acquista la sua prima macchina fotografica, una Bencini Comet S del 1950, sostituita appena due anni dopo dalla celebre Kobell Press, che utilizzerà, con diverse e ripetute modifiche, per tutta la vita. Insieme allo strumento, l'artista marchigiano inizia un percorso poetico e anarchico come pochi; la sua cifra stilistica è la purezza, quella della sua terra, fatta di campi arati e contadini sempre all'opera, gli stessi più volte immortalati nei suoi scatti in bianco e nero.  Un nuovo libro si sofferma sulla produzione del fotografo, accendendo in particolare i riflettori sul materiale iconografico da lui stesso donato al Comune di Lonato del Garda, in seguito a un'esposizione ospitata nella sede municipale nel 1984. GLI SCATTI IN BIANCO E NERO DI MARIO GIACOMELLI Edito da Skira e curato da Filippo Maggia, il libro (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina) è una lunga e profonda scansione di opere che coprono un arco di tempo compreso tra il 1955 e i primi anni Ottanta. Si tratta di lavori provenienti da serie differenti, e che condensano e restituiscono lo sguardo autentico e a tratti irriverente di un autodidatta a caccia dell'eternità. “La fotografia è una scatola che tiene dentro la mia memoria”, disse Giacomelli a proposito della sua ricerca. E la memoria nei suoi scatti si fa materia. La vita d’ospizio, Lourdes, la comunità del piccolo paese abruzzese Scanno, i paesaggi e il mondo contadino sono alcuni dei soggetti immortalati nelle sue intense fotografie. LE PAROLE DI KATIUSCIA BIONDI GIACOMELLI “Mario Giacomelli è uno dei più grandi fotografi al mondo. A farlo grande è la verità che trasuda dalle sue opere, che non ha niente a che fare con la Verità, ma con quel che lui ha vissuto veramente al cospetto del mondo, tramite la fotografia”, racconta Katiuscia Biondi Giacomelli, direttrice dell'archivio dell'artista. “Giacomelli è grande per aver creato un nuovo e straordinario linguaggio fotografico, fatto di un bianco e nero altamente contrastato, sorprendentemente forte per un'epoca in cui la fotografia si esprimeva in educati toni di grigio. Un linguaggio così inedito da far nascere interrogativi tecnici ed esistenziali, e da essere – da principio – considerato 'zeppo di errori'. Ma quegli errori ben presto apparvero alla critica come conturbanti rivelazioni di 'pezzi di reale' – un reale vero come mai prima, nonostante il Neorealismo di quegli anni”.
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