Al MUDEC di Milano, Adrian Paci inaugura la nuova stagione espositiva con un’installazione che trasforma la vetrata dell’Agorà in un drammatico specchio d’acqua. Con 250 immagini di naufragi, l’opera invita a riflettere sul viaggio come esperienza esistenziale e sulle tragedie legate alle migrazioni.


Dopo le installazioni di Cory Arcangel e Mariana Castillo Deball, la collaborazione tra il MUDEC – Museo delle Culture di Milano e 24 ORE Cultura prosegue con una nuova stagione, inaugurata dall'installazione site-specific di Adrian Paci Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo. L'opera, accolta nell'Agorà del museo, esplora l'essenza del viaggio attraverso metafore visive ispirate dal mare, trasformando la vetrata della sala in uno specchio d’acqua intenso e drammatico, che evoca il tema dei naufragi.L’INSTALLAZIONE DI ADRIAN PACI DEDICATA AI NAUFRAGHISimboleggiando il peso delle tragedie umane legate alle migrazioni e soffermandosi sul ruolo dei media nel raccontare questi eventi, l’opera di Paci non si limita a narrare il fenomeno migratorio, ma invita il pubblico a immergersi in un’esperienza sensoriale e riflessiva, vivendo l’installazione in prima persona. Il “mare” di Paci si compone infatti di 250 tessere di frammenti visivi: sono immagini di naufragi, ingrandite e decontestualizzate, che da un lato evocano una bellezza poetica, mentre dall’altro parlano sottovoce della durezza delle esperienze vissute, offrendo una piattaforma per una profonda riflessione etica e sociale. “Adrian Paci non ci mostra il disastro”, spiega Sara Rizzo, curatrice insieme a Katya Inozemtseva; “sceglie piuttosto il dettaglio che accomuna tutte le storie raccontate, a volte protagonista della fotografia, altre relegato a sfondo: il mare. I tagli isolano un particolare poetico da un’immagine drammatica e restituiscono fuori scala la resa ruvida e granulosa della carta stampata, dove il retino diventa volutamente visibile, tratto distintivo della composizione” .IL TEMA DEL VIAGGIO COME ESPERIENZA ESISTENZIALEPaci esplora l’idea del viaggio, tema ricorrente nella sua ricerca, non solo come movimento spaziale, ma come profonda esperienza esistenziale che rilegge le dinamiche sociali, mescolando la cronaca contemporanea con una dimensione estetica e contemplativa che integra lo spazio architettonico del museo. “Il mio non è un lavoro sul tema dell’immigrazione”, specifica infatti Paci; “Non credo all’arte su qualcosa. Penso che l’arte nasca da un incontro, un attraversamento che regala esperienze, fantasie, immagini, storie, suoni, forme (anche illusorie). Portare queste esperienze nel territorio della forma tattile dell’opera e far diventare il lavoro stesso fonte di una nuova esperienza sia estetica che di pensiero e riflessione è stata una delle preoccupazioni principali nel mio lavoro come artista”.[Immagine in apertura: Mudec. Adrian Paci © Jule Hering]
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