A Bologna, una collettiva presenta le opere di giovani e talentuose artiste provenienti dall'Iran che hanno studiato nel capoluogo emiliano. Un'occasione per riflettere sulla libertà dell'arte, e sulla sua capacità di veicolare messaggi di pace e speranza.

Palazzo Fava, il Palazzo delle Esposizioni di Genus Bononiae, il museo civico della città emiliana, è da sempre il luogo perfetto per osservare le nuove tendenze del mondo dell'arte. Dal 2 al 5 febbraio sarà visitabile l'interessante mostra Voci dall'abisso. Quattro artiste iraniane a Bologna: un appuntamento fondamentale per comprendere quanto il panorama artistico iraniano, nonostante le tensioni sociali che animano il Paese, sia oggi più che mai ricco, variegato e vitale. L'immenso patrimonio artistico, storico e culturale dell'Iran emerge reinterpretato in chiave contemporanea dalle opere delle artiste in mostra, e le loro creazioni diventano un modo per esprimere le proprie angosce e la sofferenza per l'attuale situazione politica del Paese d'origine. L'esposizione di Bologna dimostra come l'arte sia una fenomenale valvola di sfogo per sublimare l'orrore per la violenza e la rabbia per le ingiustizie. LE ARTISTE IRANIANE A BOLOGNA L'esposizione è stata aperta in concomitanza con Arte Fiera 2023, ed è stata curata da Marco Baldassari. A Palazzo Fava troveremo esposte le opere di Pegah Pasyar, Reyhaneh Alikhani, Golzar Sanganian e Khorshid Pouyan, giovani artiste iraniane che hanno avuto modo di studiare presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Pegah Pasyar indaga – in maniera sottile – un concetto filosofico molto caro alla tradizione intellettuale iraniana: l'infinito. Il tradizionale linguaggio dell'olio su carta pare essere un omaggio implicito alle opere di John Constable, mentre dalle sue terrecotte dorate che rappresentano corpi femminili emerge una sorta di rivendicazione della propria condizione di artista e di donna. Reyhaneh Alikhani compie invece un'affascinante operazione di recupero di una tecnica ancestrale: quella dei tappeti Kilim, nati mille anni prima di Cristo. Riflette inoltre sul concetto di libertà, spesso così illusorio, Golzar Sanganian: la sua installazione The road to freedom presenta un modellino di auto che drammaticamente non porta da nessuna parte: la fuga è, in fin dei conti, un bluff. Khorshid Pouyan indaga infine la figura umana, le modalità in cui i corpi occupano lo spazio vuoto, rappresentato da uno sfondo realizzato con colore bianco: forse un modo per riflettere sul concetto lancinante di solitudine e di individualità. L'ARTE COME URGENZA ESPRESSIVA Le opere in mostra dimostrano come la sensibilità delle artiste iraniane sia allineata con le tendenze più attuali della creatività contemporanea. Come rileva il presidente di Genus Bononiae, Filippo Sassoli de Bianchi, “L’arte è un mezzo di espressione e di comunicazione connaturato all’essere umano. Ancora più per queste artiste il desiderio di comunicare diventa urgenza. Abbiamo assistito negli ultimi mesi a numerosissime manifestazioni, happening, performance che hanno voluto portare l’attenzione sulla situazione in Iran, ma questa è la prima volta che l’Italia ospita una collettiva di artiste iraniane”. [Immagine in apertura: Khorshid Poyan, Perdere pezzi]
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