Attraverso dipinti, sculture, disegni e documenti relativi a processi passati alla storia, la mostra in corso nella Capitale fino al 1° ottobre prossimo accende i riflettori su vicende che hanno avuto luogo a Castel Sant’Angelo. Eretto dall’imperatore Adriano come proprio sepolcro, l'edificio divenne in seguito un carcere: questo progetto ne esamina il passato.

Al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo di Roma, la mostra La bilancia e la spada. Storie di giustizia a Castel Sant’Angelo racconta le controverse storie legate all'esercizio della legge all'interno dell'iconico edificio capitolino. Curata da Mariastella Margozzi, con Vincenzo Lemmo, Michele Occhioni e Laura Salerno, e visitabile fino al 1° ottobre prossimo, la rassegna analizza il complesso passato della costruzione originariamente destinata a ospitare le spoglie dell'imperatore Adriano (che ne promosse la realizzazione) e dei suoi successori. Abbandonata la funzione di mausoleo, Castel Sant'Angelo divenne un luogo di prigionia, di tortura e persino di morte per personaggi considerati scomodi, oltre che per dissidenti politici e religiosi. LA MOSTRA SULLA GIUSTIZIA A CASTEL SANT’ANGELO Le opere esposte a Castel Sant'Angelo secondo cinque sezioni – Armerie superiori; Sala Clemente VII; Retrosala Clemente VII;  Sala della giustizia; Le prigioni storiche – danno vita a un percorso suggestivo e drammatico, che mette in luce una storia di punizioni corporali, processi farsa e morti sospette. Gli spazi in cui si svolge l'esposizione sono stati luogo di detenzione per personaggi leggendari e il progetto espositivo narra con dedizione le loro vicende: da Giordano Bruno all'artista Benvenuto Cellini; dall’alchimista Giuseppe Francesco Borri al misterioso Conte di Cagliostro, fino a carbonari e patrioti. Immancabile è poi il focus su Beatrice Cenci. LA STORIA BEATRICE CENCI E L'OPERA DI GUIDO VENANZONI Tra le opere selezionate per la rassegna rientra infatti La bilancia e la spada. Storie di giustizia a Castel Sant’Angelo: il dipinto che il maestro Guido Venanzoni ha dedicato alla decapitazione di Beatrice Cenci accende i riflettori su un episodio entrato nella storia. Accusata di parricidio e giustiziata pubblicamente alla fine del Cinquecento, proprio davanti a Castel Sant’Angelo, la bella e infelice fanciulla di nobile famiglia romana ha nel tempo ispirato musicisti, scrittori, artisti, approdando anche a teatro e sul grande schermo. Venanzoni, la cui produzione artistica comprende dodici raffigurazioni della vicenda biografica di Caravaggio, nella tela in mostra ha immaginato che il grande artista abbia assistito alla tragica esecuzione. "Nel 2010, quando ho iniziato a raccontare la vita di Caravaggio in pittura sono partito con l'arresto a Palo Laziale, luogo a me familiare. Da quel momento, come in un film per immagini, ho fissato i fatti salienti del suo vissuto, tra i quali ho concepito l'ipotesi verosimile che Caravaggio abbia assistito alla decapitazione di Beatrice Cenci. Questo evento, per Caravaggio, è stato uno dei suoi frequenti incubi, ai quali si è aggiunta la continua sfida con il destino", ha spiegato Venanzoni. [Immagine in apertura: Guido Venanzoni, Caravaggio assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci]
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