Al Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC) di Foligno, ben sessantasei fotografie di George Tatge ritraggono un paesaggio metaforico, in cui l’uomo e le tracce del suo passaggio sono protagonisti assoluti.

Nato a Istanbul nel 1951 da madre italiana e padre americano, il fotografo George Tatge trascorre la gioventù tra l’Europa e il Medio Oriente. Si trasferisce poi negli Stati Uniti, dove si laurea in letteratura inglese e si avvicina alla fotografia grazie all’ungherese Michael Simon. Nel 1973 approda finalmente in Italia, lavorando come giornalista e fotografo. Con i suoi scatti racconta un’Italia sospesa, modificata dall’intervento umano: un portale verso un “altrove” mistico e silenzioso.LA MOSTRA DI GEORGE TATGE A FOLIGNO La rassegna Italia metafisica, in mostra al Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC) di Foligno fino all’8 ottobre prossimo, raccoglie una nuovo corpus di sessantasei scatti in bianco e nero, attraverso in quali il fotografo ha raccontato l’influenza dell’agire umano sul paesaggio. Architetture, ma anche manufatti di varia natura, diventano tracce magiche della presenza/assenza dell’uomo: così Tatge suggerisce una metafora dell’abitare contemporaneo, ma anche della caducità del corpo e dell’inevitabile passaggio nell’oltre. LA POETICA DI GEORGE TATGE Tra le fotografie esposte, non manca una serie inedita dedicata alla città di Foligno, realizzata appositamente per l’occasione. Come il fotografo stesso ha spiegato: “Ciò che mi ha colpito è quanto la città si sia rinnovata in questi ultimi quarant’anni. Ma qui non troverete immagini che ritraggono queste migliorie. Ho preferito concentrarmi sugli angoli della città che esprimono qualcos’altro. (...) La fotografia come metafora. È questa la mia passione”. “George Tatge si colloca in un’area poetica che, se anche non è né vuole essere quella della fotografia creativa, perpetua un’idea di fotografia apportatrice di un linguaggio autonomo e autosufficiente nel quale l’apporto di interpretazione del reale, congiunto all’azione dell’immaginario, conciliano, nel corpo dell’opera, la dualità tra effimero ed eterno”, ha dichiarato il direttore artistico e curatore della mostra, Italo Tomassoni.[Immagine in apertura: George Tatge, Matera, 1997]
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