La mostra al MART di Rovereto descrive l'influenza del grande pittore viennese su un'intera generazione di artisti italiani che, nei primi del Novecento, rielaborarono il proprio stile sulla scia dell'opera di uno dei pittori più noti di sempre.

Dietro l'eleganza delle sue immagini dorate e l'erotismo delle sue enigmatiche figure femminili Gustav Klimt celava riflessioni e messaggi che, ancora oggi, lo rendono un ineguagliabile punto di riferimento per il mondo dell'arte. La mostra Klimt e l'arte italiana al MART di Rovereto fa luce sull'influenza di uno dei principali esponenti della Secessione viennese su un'intera generazione di artisti italiani che, tra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso, rinnovarono il proprio linguaggio sulla scia dello stile klimtiano. Visitabile fino al 18 giugno prossimo, l'esposizione presenta due delle opere più importanti dell'artista: Giuditta II e l'iconica Le tre età della donna. KLIMT E GLI ARTISTI ITALIANI IN MOSTRA AL MART Entrati a far parte delle collezioni pubbliche italiane in occasione della Biennale di Venezia del 1910 e dell'Esposizione internazionale a Roma dell'anno successivo, i due capolavori del pittore austriaco esposti al MART testimoniano la sua eredità spirituale in Italia e costituiscono il perno attorno a cui si sviluppa l'intera mostra. Una raccolta di circa duecento opere, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, approfondisce l'influsso dell'autore del famosissimo Bacio sull'arte italiana. Coprotagonisti dell'esposizione, insieme al maestro viennese, circa quaranta artisti: oltre ai giovani “dissidenti” della veneziana Ca’ Pesaro, come Felice Casorati, anche i pittori attivi in Laguna e le personalità coinvolte nelle grandi imprese decorative della Biennale, ad esempio Galileo Chini. Senza tralasciare gli artisti che, per prossimità geografica e culturale, furono vicini al clima delle Secessioni: il triestino Vito Timmel e i trentini Luigi Bonazza, Luigi Ratini e Benvenuto Disertori. E infine, i due “Klimt italiani”: il pittore veneziano Vittorio Zecchin e l'artista milanese Adolfo Wildt, definito “il Klimt della scultura”. GUSTAV KLIMT E L'ITALIA Curato da Beatrice Avanzi e ideato da Vittorio Sgarbi, il percorso espositivo illustra le opere degli artisti italiani che, pur rielaborando in modo originale l'influsso di Klimt, appresero la lezione del maestro viennese e la applicarono nelle linee, nei colori e nei decori dei loro lavori. In un panorama che spazia dalla pittura alle arti decorative, la mostra evoca la potenza di un grande maestro dell'arte che ha saputo, grazie al suo stile, avvicinare a sé tanti colleghi diversi, affermandosi come un modello per la scena culturale del suo tempo e non solo. [Immagine in apertura: Gustav Klimt, Giuditta II (dettaglio), 1909, Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro]
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