Cosa lega le pratiche artistiche di Jenny Holzer e Louise Bourgeois? Secondo il Kunstmuseum di Basilea l'impiego delle parole, protagoniste della mostra in arrivo nel museo svizzero.

Da una parte una delle figure più rappresentative dell'arte concettuale, nota per le sue frasi laconiche diffuse nello spazio urbano; dall'altra una delle “madrine” per eccellenza dell'arte del Novecento, divenuta celebre per le sue grandi sculture dedicate ai temi della sessualità, della famiglia, della solitudine. Nonostante le differenze (generazionali e formali) che intercorrono tra Jenny Holzer e Louise Bourgeois, un filo comune lega la pratica e la riflessione di queste due artiste. Sono le parole. A rintracciare questo elemento di raccordo fra le due protagoniste è il Kunstmuseum di Basilea, pronto ad accogliere una grande mostra dedicata al ruolo della scrittura per l'una e per l'altra autrice. JENNY HOLZER E LOUISE BOURGEOIS A BASILEA In arrivo nelle sale dell'istituzione svizzera il prossimo 19 febbraio (e aperta al pubblico fino al 15 maggio), Louise Bourgeois x Jenny Holzer si sofferma sulla presenza delle parole nelle opere delle due artiste. Se nella pratica della Bourgeois esse compaiono a corredo dell'immagine, completando con frasi intimistiche segni e disegni su carta e su tela, in quella della Holzer esse si fanno centrali, “esplodendo” nello spazio metropolitano con messaggi dal taglio politico e sociale. Curato dalla stessa Jenny Holzer – insieme ad Anita Haldemann –, il progetto sottolinea questa simile (e differente) strategia di comunicazione, evidenziando tutte le declinazioni del linguaggio scritto nella pratica delle due autrici. L'IMPORTANZA DELLA PAROLA Politica, patriarcato, costumi, sentimenti. I temi affrontati nelle opere che ritmeranno il percorso espositivo sono differenti, e certamente esemplificativi degli interessi alla base della ricerca delle artiste. Nel caso della Bourgeois la parola è intesa come strumento di cura (si vedano i numerosi diari scritti nel 1951, durante il corso di psicoanalisi intrapreso subito dopo la morte del padre). Nel caso della Holzer, invece, la parola è manifesto, mezzo che amplifica i malumori della contemporaneità (si pensi ai celebri Truisms, la serie di aforismi realizzata alla fine degli anni Settanta). Disposte in maniera tematica e poetica, più che cronologica, le opere occuperanno le nove sale del piano superiore, espandendosi anche oltre i confini del museo – grazie a lavori in realtà aumentata, installazioni nello spazio esterno e pubblicazioni editoriali. Un progetto che si preannuncia tra i più “caldi” dell'anno che si appresta a cominciare. [Immagine in apertura: Portrait of Jenny Holzer, 1982 (taken at the installation: Jenny Holzer, Lee, Aron Fink, American Graffiti Gallery, Amsterdam, 1982) Photo Aad van den Born – BFN, © ProLitteris, Zürich]
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