A Torino le opere del pioniere della videoarte Nam June Paik
ARTE
In autunno il “padre” della videoarte Nam June Paik si prepara a conquistare Torino con una mostra al MAO – Museo d’Arte Orientale. Allestita dal 19 ottobre al 23 marzo 2025, la retrospettiva riunirà 17 delle opere più iconiche dell’artista sudcoreano.
È il 1996 quando l’artista sudcoreano Nam June Paik, che già da quasi tre decenni sperimentava con la videoarte e la televisione a tubo catodico, posiziona un coniglietto di legno davanti a uno schermo sul quale compare una misteriosa "tana": nasce così Rabbit Inhabits the Moon, un’opera iconica che vuole invitare l’osservatore a riflettere sul potere dei mass media, paragonando la televisione alla luna che illumina il buio della notte. Quasi trent’anni dopo, quell’installazione dà il titolo a una mostra al MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino dedicata proprio all'artista sudcoreano e realizzata in partnership con il Nam June Paik Art Center (Corea), con la Fondazione Bonotto (Colceresa, VI) e con il supporto della Korea Foundation.IN AUTUNNO LA MOSTRA DI NAM JUNE PAIK A TORINOA cura di Davide Quadrio e Joanne Kim
con Anna Musini e Francesca Filisetti, Rabbit Inhabits the Moon sarà aperta al pubblico dal prossimo 19 ottobre al 23 marzo 2025, in occasione del 140esimo anniversario dell’Accordo diplomatico tra Corea e Italia. La retrospettiva riunisce diciassette opere del “padre” della videoarte, indagandone anche l’eredità attraverso cinque installazioni di sei artisti coreani contemporanei, la cui ricerca è stata inevitabilmente influenzata dalle sue sperimentazioni.Lungo il percorso, una selezione di manufatti legati alla filosofia buddhista e ad altri aspetti della cultura sudcoreana forniscono il contesto storico per la costellazione di riferimenti spirituali e tradizionali a cui le opere attingono. Tra questi, spiccano uno specchio in bronzo a otto lobi di epoca Goryeo, una bottiglia piriforme in gres del XV secolo e la Moon-jar di Kwon Dae-sup del 1952. Un approfondimento, a cura di Kyoo Lee, è dedicato inoltre all’esplorazione della cultura sciamanica coreana proprio in relazione alla figura di Nam June Paik.NAM JUNE PAIK, IL “PADRE” DELLA VIDEOARTENato a Seul nel 1932, Nam June Paik si trasferisce negli Stati Uniti nel 1964. Qui entra a far parte del gruppo internazionale e interdisciplinare Fluxus, lasciandosi influenzare in particolare dal musicista sperimentale John Cage e dal fondatore George Maciunas. In questo periodo prende parte a numerosi concerti e performance del movimento con azioni musicali avanguardiste e provocatorie, portando avanti parallelamente i suoi esperimenti con il mezzo del video: è il primo della sua generazione a intravedere nella distorsione dello schermo a tubo catodico, nei videotape e nei video sintetizzatori una potente metafora della società di quegli anni, quella della comunicazione di massa. La sua prima esposizione, Music-Electronic Television, tenutasi nel 1963 alla Galleria Parnass a Wuppertal, cambiò per sempre il mondo dell’arte: consisteva in un'installazione con tredici video-monitor che, disposti liberamente nello spazio, traducevano il suono in immagini elettroniche.[Immagine in apertura: Nam June Paik, Rabbit Inhabits the Moon, 1996, Sculpture-installation: 1 wooden rabbit statue, 1 CRT TV, 1-channel video, color, silent, DVD; Dimensions variable; Nam June Paik Art Center, © Nam June Paik Estate]