Nella Capitale, Palazzo Bonaparte ospita un dialogo tra gli autoritratti di Vincent Van Gogh e Antonio Ligabue. L'esposizione, che consente di riflettere su affinità e differenze sia stilistiche che biografiche tra i due artisti, si svolge in occasione della rassegna su Ligabue in apertura al Castello aragonese di Conversano.

 

Due miti in mostra, due autori così diversi eppure così vicini eccezionalmente "posti a dialogo". Fino al 12 marzo 2023, a Palazzo Bonaparte a Roma avrà luogo un confronto tra due autoritratti decisamente intensi: uno opera di Vincent van Gogh, l'altro realizzato da Antonio Ligabue. Il progetto anticipa di qualche giorno la grande monografica su Ligabue organizzata presso il castello aragonese di Conversano, in Puglia, a sua volta visitabile dal 25 marzo prossimo. Van Gogh, invece, "gioca in casa": è proprio nel prestigioso edificio un tempo residenza romana di Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone Bonaparte, che è stata allestita la mostra Van Gogh. Capolavori dal Kröller-Müller Museum, prorogata fino al 7 maggio 2023. VAN GOGH E LIGABUE A CONFRONTO A ROMA Antonio Ligabue fu un artista dalla vita estremamente complicata; solo negli ultimi anni della sua esistenza ricevette il dovuto riconoscimento per la sua produzione. Nel 1961 la memorabile mostra alla Galleria La Barcaccia, in piazza di Spagna a Roma, lo consacrava come uno dei più interessanti pittori italiani del momento: fu proprio in occasione di quell'esposizione che in un articolo del 12 marzo, scritto dalla giornalista Grazia Livia per Epoca, Ligabue viene definito “il Van Gogh con la moto rossa”. Al di là dell'espressione, che sorvola sulle enormi differenze stilistiche esistenti tra l'artista italiano e il collega olandese, alcuni punti di contatto possono comunque essere rilevati. Come l'aver sperimentato, in prima persona, una comune sofferenza dovuta ai rispettivi travagli interiori. DUE OUTSIDER DELL'ARTE IN MOSTRA A PALAZZO BONAPARTE Sia l'irruento Ligabue, che il tormentato Van Gogh trovavano sollievo nella pittura, capace di concedere loro rari momenti di pace e di quiete in cui esprimevano il loro universo interiore. Entrambi erano inoltre soliti rendersi presenti nelle opere utilizzando l'espediente dell'autoritratto, la cui resa attraverso tonalità contrastanti e colori dissonanti era espressione di un profondo malessere. In una lettera indirizzata alla sorella, Van Gogh scrisse: “Più divento brutto, vecchio, cattivo, malato e povero, più desidero riscattarmi facendo colori brillanti, bel accostati e splendenti”. Anche per Ligabue l'arte era una maniera di sublimare gli incubi che popolavano la sua mente. Come osserva Sergio Negri nel catalogo generale del pittore di Gualtieri, pubblicato nel 2002, per taluni artisti gli autoritratti rappresentano “dialoghi o conflitti fra la coscienza e la percezione visiva del proprio volto...ed è proprio in questo senso che alcuni dei grandi espressionisti, oltre a Van Gogh, hanno analizzato sé stessi davanti a queste superfici dipingendo decine e decine di autoritratti, con l’intento di riversare in essi le angosce e i tormenti che li affliggevano”. La mostra di Palazzo Bonaparte è stata ideata proprio dal figlio di Negri, Francesco, per onorare il lavoro critico svolto dal padre nel corso della sua carriera. [Immagine in apertura: Antonio Ligabue, Autoritratto con berretto da motociclista, s.d. 1954 1955. Olio su tavola di faesite, cm 80x70. Collezione privata]
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