Il mio nome è leggenda

Martedì 7 dicembre – dalle ore 21:15

A chi si è ispirato George Lucas quando ha creato Indiana Jones? E Mary Shelley da dove ha tratto ispirazione per la figura del dottor Frankenstein? O ancora: da quale strano angolo di mondo è sbucato un personaggio come Zorro? A queste e ad altre domande vuole dare risposta Il mio nome è leggenda, la serie condotta da Matilda De Angelis in onda su Sky Arte da martedì 7 dicembre. A emergere sono le storie di individui realmente esistiti, ma pressoché sconosciuti, che sono stati fonte di ispirazione per la nascita di personaggi entrati nell’immaginario collettivo. Si inizia con Frankenstein sono io, l’episodio che descrive i retroscena di una storia letteraria divenuta un cult. In una nottata piovosa del 1816, il famoso “anno senza estate”, a Villa Diodati sono riuniti per le vacanze estive Mary Shelley con suo marito Percy, Lord Byron e il medico Polidori. La pioggia incessante li costringe in casa. Per passare il tempo inventano un gioco: scrivere un racconto del terrore. Mary all’inizio non riesce a scrivere nulla, poi l’ispirazione folgorante a seguito di un incubo. Nasce così il personaggio di Frankenstein. Ciò che Mary ha sognato però non è fantasia, ma proviene da qualcosa che ha visto. Lo scienziato pazzo del suo romanzo esiste veramente e si chiama Giovanni Aldini, vive a Bologna dove insegna fisica. Nipote di Luigi Galvani, è un acceso sostenitore della possibilità di rianimare i morti attraverso la corrente elettrica. Dopo aver effettuato esperimenti sugli animali, rane in particolare, vuole mettere alla prova le sue teorie anche sugli esseri umani, e così corrompe alcuni giudici inglesi per far condannare a morte un poveraccio e usarne il corpo per provare a rianimarlo con la corrente elettrica. Ma qualcosa va storto: un medico muore nel corso dell’esperimento, la notizia va a finire sul giornale e arriva fino alla giovanissima Mary Shelley, che la userà come materia prima per il suo romanzo. Compiremo poi un salto nel tempo e raggiungeremo il 1927, anno in cui Helen Kane è una celebrità: è uno dei volti dell’età del jazz, voce da usignolo e sorriso ammiccante, madre del famosissimo “boop-boop-a-doop”. Kane resta la regina del charleston fino all’arrivo di Betty Boop, che in un attimo le ruba la scena: da quel momento, e per sempre, sarà lei la vamp degli anni ruggenti. Ma Betty non è che la caricatura di Helen. L’attrice fa causa a Max Fleischer, creatore del suo alter ego animato, per aver sfruttato illegalmente la sua immagine. E non è l’unica a osservare le mosse del produttore: l’America conservatrice della Grande Depressione trova il personaggio di Betty Boop troppo osé per la televisione. Così, mentre un tribunale nega a Helen Kane i diritti sul proprio mito, la censura nega per sempre a Betty Boop un futuro sullo schermo.
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