Fino al 24 ottobre la città di Bruges, in Belgio, si trasforma grazie a una serie di spettacolari interventi nello spazio urbano. Opere di grande impatto pensate con l'obiettivo di mettere in luce i traumi e gli aspetti meno noti della città.

Quando si pensa a Bruges, la capitale delle Fiandre Occidentali, è facile lasciarsi “ingannare” dall'aspetto fiabesco della città situata nel nord-ovest del Belgio. Nota per le tipiche strade ciottolate, per i dolcissimi canali e per gli edifici medievali da sogno, questa località è molto di più. O meglio: gli stereotipi che da sempre contribuiscono a rendere il luogo "appetibile" per i turisti si fondano su basi decisamente reali, e l'atmosfera da “bomboniera” che ha permesso alla città di assicurarsi il titolo di patrimonio mondiale dell'Unesco è difficile da confutare. Eppure c'è altro. Dietro l'immagine "da cartolina" c'è, prima di tutto, un centro culturale decisamente aperto agli stimoli del presente. Bruges, insomma, non è solo un luogo aggrappato saldamente alle sue tradizioni architettoniche e culturali, ma un avamposto di rilievo dell'arte del nostro tempo. Questo duplice aspetto si palesa alla perfezione in quello che è l'evento più emblematico di questa pulsione tra passato e futuro: la Triennale di Bruges, la kermesse che da quasi un decennio porta i migliori artisti e architetti contemporanei in terra belga, chiedendo loro un confronto con l'ambiente e la storia del luogo. BRUGES OLTRE GLI STEREOTIPI Giunta alla sua terza edizione (escludendo i primissimi episodi risalenti al 1968, 1971 e 1974), la rassegna è dedicata quest'anno al tema TraumA, una parola che affonda le sue radici nella psicoanalisi e nel sogno, con l'obiettivo di portare a galla gli aspetti più segreti, e addirittura inconfessabili, della città.  A indagare l'anima “tramautica” del luogo – guidati da un team di curatori composto da Till-Holger Borchert, Michel Dewilde, Els Wuyts e Santiago De Waele – sono tredici autori, invitati a trasformare con le loro opere il tessuto urbano. GLI ARTISTI DELLA TRIENNALE DI BRUGES Oltre alla consueta mostra “introduttiva” al Poortersloge, con circa quaranta opere indoor degli artisti protagonisti, a caratterizzare l'evento sono le numerose (e in molti casi spettacolari) installazioni disseminate nelle aree più iconiche – ma anche e soprattutto in quelle più nascoste, come richiesto dal tema – della città belga. Tra queste la coloratissima opera di Amanda Browder lungo la via Verversdijk – una installazione tessile in omaggio alla tradizione e alla storia commerciale di Bruges –, l'intervento di Nadia Kaabi-Linke nella piazza del Burg, cuore della città, e Who is afraid of Natasha, il progetto – fra trauma e sogno – concepito da Joanna Malinowska & C.T. Jasper. Particolarmente degno di nota, infine, è il “groviglio” di radici giganti di Henrique Oliveira lungo la Pottenmakersstraat: un'affasciante scultura organica che richiama alla mente la natura e le foreste delle Fiandre.  Nel complesso, un progetto multidisciplinare che conferma l'anima sperimentale della città, e soprattutto il coraggio di confrontarsi con gli aspetti meno noti e “oscuri” della cultura belga. Oltre gli stereotipi e l'immagine “da cartolina”. [Immagine in apertura: Henrique Oliveira – Banisteria Caapi (Desnatureza 4), 2021, VALLOIS, Paris; Van de Weghe, New York © Triënnale Brugge – Jasper van het Groenewoud]
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