Le Polaroid di Andy Warhol e Mario Schifano a confronto

<p>Nata nel 1937 e diffusa in Europa negli anni Sessanta come macchina capace di produrre istantaneamente uno scatto, la <a href="https://arte.sky.it/news/programmi-tv-6-febbraio-analogico-documentario" target="_blank">Polaroid</a> ha rivoluzionato il mondo della fotografia e non solo. Il fascino di tale strumento coinvolse infatti sia amatori interessati a immortalare scene di vita in presa diretta, sia artisti che esplorarono grazie a questo nuovo mezzo una nuova estetica. Tra questi due protagonisti della storia dell’arte del secondo dopoguerra: <a href="https://arte.sky.it/news/libro-pittura-mario-schifano" target="_blank">Mario Schifano</a> e <a href="https://arte.sky.it/news/andy-warhol-mostra-alula-arabia-saudita" target="_blank">Andy Warhol</a>.  </p>
<p><h2>WARHOL E SCHIFANO IN MOSTRA</h2> <p>Entrambi gli artisti, sebbene con linguaggi diversi, esplorarono l'utilizzo della Polaroid per portare nuova linfa alla loro ricerca artistica e fotografica. <em>Warhol Schifano. Photos and Polaroid </em>è il titolo della mostra visitabile fino al 22 ottobre all'Eataly Art House di Verona, che unisce le opere “istantanee” dei due maestri in un confronto ricco e suggestivo.  </p> <p>Curato da Luca Beatrice, il percorso espositivo mostra oltre quaranta immagini, tra cui ventidue Polaroid di Andy Warhol, scattate tra il 1966 e il 1984, e venti stampe ritoccate a mano di Mario Schifano, realizzate nella seconda metà degli anni Ottanta.    </p>
<p><h2>IL VIS-À-VIS TRA WARHOL E SCHIFANO</h2> <p>Mario Schifano alternava la sua ricerca pittorica a quella fotografica. L'artista ha prodotto migliaia di foto – alcune Polaroid, altre stampe in formato cartolina – che catturavano <em>frame</em> dalla tv e modelle; le foto venivano successivamente ritoccate con interventi pittorici caratterizzati da pennellate gestuali e intuitive.</p> <p>Per Andy Warhol, invece, la Polaroid era una sorta di “prolungamento” del proprio braccio, un elemento che rafforzava la sua volontà di spersonalizzare l’opera, come se egli stesso fosse una "macchina" capace di produrre immagini in modo quasi seriale. Con la sua Polaroid il “re” della Pop Art ha immortalato volti noti, tra i quali gli artisti <a href="https://arte.sky.it/archivio/2017/12/mostra-jasper-johns-royal-academy-of-arts-londra" target="_blank">Jasper Johns</a>, <a href="https://arte.sky.it/news/keith-haring-brasile-programmi-tv-24-ottobre" target="_blank">Keith Haring</a>, l’attrice Liza Minnelli e il regista Paul Morrissey.</p> <p>[Immagine in apertura: credit E.ART.H., Verona]</p>

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Addio al maestro della fotografia Oliviero Toscani

Il mondo dei bambini negli scatti di Steve McCurry

Alla scoperta del nuovo festival fotografico di Torino

Nuove scoperte rivelano dettagli inediti sull’eruzione del Vesuvio

<p>La zona che circonda il Vesuvio è ancora tutta da scoprire: lo dimostrano le recenti scoperte legate ai nuovi scavi di Villa San Marco, a <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/09/museo-archeologico-stabiae-libero-dorsi-castellammare" target="_blank">Stabia</a>, antica città vicina a Pompei. La campagna più recente, avviata lo scorso marzo, sta portando alla luce nuovi  reperti: tra questi la parte finale del portico superiore, che conserva pitture ancora in situ, e altre provenienti dalle pareti o dal soffitto ormai crollato. </p> <p>Gli ultimi progressi dello scavo didattico – condotto in collaborazione con il <a href="https://arte.sky.it/news/riapertura-casa-dei-vettii-pompei" target="_blank">Parco Archeologico di Pompei</a>, la Scuola Superiore Meridionale, l’Università della Campania "Luigi Vanvitelli" e la Scuola IMT Alti Studi di Lucca – permettono di ricostruire le dinamiche della distruzione del complesso della Villa San Marco durante la tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C.</p><h2>GLI SCAVI DI VILLA SAN MARCO</h2> <p>L’antica Stabia era spesso scelta dell'élite romana come meta di villeggiatura: non a caso è ricca di architetture e pitture di sublime qualità, prima fra tutte quella di Villa San Marco, uno sfarzoso complesso di oltre 11mila metri quadri posto nel cuore di quello che era il centro urbano. Gran parte della struttura è ancora da scoprire, in quanto si conclude con un portico monumentale a tre bracci verso il mare, di cui conosciamo solo l’avvio.</p><h2>L’ERUZIONE DEL VESUVIO</h2> <p>Analizzando le stratigrafie di lapilli e di crolli, e i flussi di lava che hanno invaso le zone della Villa, gli archeologi sono stati in grado di ricostruire le ultime ore degli abitanti della villa. Infatti, è plausibile che quando la pioggia di lapilli sembrò indebolirsi, un gruppo di abitanti emerse dai propri nascondigli, venendo però sorpreso dall’ultima letale eruzione. Questa sommerse tutto, graziando solo alcune parti della lussuosa villa e ponendo fine all’insediamento.</p> <p>[Immagine in apertura: Frammenti della decorazione del peristilio (portico colonnato) superiore. Courtesy Parco archeologico di Pompei]</p>

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I maestri della street art si danno appuntamento a Parma