La grande fotografia torna al Museo Diocesano milanese. La mostra su Lee Jeffries presenta scatti di rara intensità che ritraggono gli emarginati di oggi.

Si intitola Lee Jeffries. Portraits. L'anima oltre l'immagine la mostra al Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano curata da Barbara Silbe e Nadia Righi e visitabile fino al 16 aprile 2023. Un colpo d’occhio sull’opera di uno dei maestri della fotografia contemporanea: il britannico Lee Jeffries, classe 1971. I protagonisti dei suoi scatti non sono celebrità o personaggi del mondo dello spettacolo, della moda o della musica: Jeffries ha consacrato la sua ricerca visiva alla narrazione delle storie degli emarginati, dei poveri, degli esclusi. LA FOTOGRAFIA SECONDO LEE JEFFRIES L'esposizione affianca una cinquantina di ritratti in bianco e nero e a colori realizzati nelle grandi metropoli dell'Europa e degli Stati Uniti. Sono volti di persone abituate a vivere ai margini, a cui di solito il resto della cittadinanza indaffarata e frettolosa non dedica che fugaci occhiate. Jeffries si è specializzato in scatti dominati da forti ombre e da luci taglienti, dalle atmosfere quasi pittoriche. Jeffries è un fotografo autodidatta: il giorno prima della maratona di Londra del 2008, scattò una fotografia a una giovane senzatetto all'ingresso di un negozio. Rimproverato per non averle chiesto l'autorizzazione, Jeffries iniziò a parlare con lei: lo scatto “rubato” divenne quindi un'occasione per conoscere e per entrare in contatto con una persona, spesso, purtroppo, invisibile ai più. I ritratti di Jeffries sottolineano l'importanza di ricordare che gli homeless, vittime di pesanti pregiudizi, sono soggetti la cui vicenda è degna di essere ascoltata, come quella di chiunque altro. LA MOSTRA DI LEE JEFFRIES A MILANO Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano di Milano, ha commentato: “Il Museo Diocesano di Milano prosegue la sua indagine sulla fotografia, iniziata già da qualche anno, proponendo iniziative dedicate ai grandi maestri di questa forma espressiva, affiancandole a quelle che presentano le opere di autori meno conosciuti che, con le loro immagini, riescono a farci riflettere su aspetti significativi della nostra società”. Barbara Silbe, co-curatrice della mostra insieme a Nadia Righi, ha invece evidenziato la profonda empatia presente negli scatti di Jeffries: “L’autore ha conosciuto ogni singolo soggetto che ritrae, lo ha frequentato a lungo, a volte ha dormito con lui per strada, lo ha spesso aiutato, ben prima di inquadrarlo. In qualche modo lo aspetta, attende il tempo necessario al sorgere di quella fiducia reciproca grazie alla quale entrambi abbassano le difese per comunicare. I suoi personaggi emergono dal buio profondo, inondati da una luce teatrale, quasi caravaggesca, che restituisce ogni segno sulla pelle, ogni dolore racchiuso nel profondo dell’anima”. [Immagine in apertura: photo Lee Jeffries]
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