Francesco Matteuzzi e Marco Maraggi raccontano le opere e la poetica di Banksy all'interno di un nuovo fumetto: un viaggio a colori nella produzione del misterioso artista di Bristol.

Partiamo da due presupposti. Il primo è che Banksy è il simbolo dell’arte allo stato urbano, un’artista che ha piegato le regole del mercato mandando nel pallone dealer e collezionisti. L'altra premessa necessaria però è che lo stesso Banksy è una figura che vive nel mistero: una specie di ombra che lascia dietro di sé immagini iconiche e di denuncia sui muri. Anche e soprattutto in relazione a quest'ultimo punto, decidere di raccontarne la vita è un'impresa non da poco: come offrire informazioni su qualcuno che ha fatto dell'anonimato l'elemento portante della sua biografia? Una risposta provano a fornirla Francesco Matteuzzi e Marco Maraggi, autori del nuovo graphic novel dedicato al genio di Bristol. IL FUMETTO SU BANKSY In libreria per Centauria a partire dal prossimo 7 aprile, il fumetto – dal titolo Il suo nome è Banksy (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina) – è un vero e proprio viaggio nelle opere e nel mondo che c'è dietro la produzione dello street artist: dagli inizi per le strade della sua città natale fino ai capolavori più recenti, passando per le aste milionarie e le provocazioni ormai note anche a chi di arte non è necessariamente un esperto. A guidarci in questa “escursione” sono due ragazzi appassionati di street art, che coltivano il sogno di incontrare il loro idolo. Telefonino alla mano, i due protagonisti decidono di realizzare un reportage ripercorrendo i passi dell'artista, raccontando, di volte in volta, il senso delle sue opere ed evocando gli eventi storici che le hanno ispirate. Si passa così dalle proteste di Seattle del 1999 (alla base del murales che raffigura il celebre lanciatore di fiori) alla guerra in Afghanistan (durante la quale, a Londra, Banksy ripropose una famosa scena di Pulp Fiction sostituendo le pistole di John Travolta e Samuel L. Jackson con delle banane). LE PAROLE DI FRANCESCO MATTEUZZI “Qualche giornalista in cerca di scoop potrebbe comprensibilmente trovare conveniente cercare di individuare la persona dietro allo pseudonimo, ma la gente comune, quella che ama Banksy e le sue opere, preferisce che le cose stiano come stanno”, racconta Matteuzzi, autore della sceneggiatura. “Credo che il punto sia proprio questo: i misteri sono belli e affascinanti solo fino a quando non li si risolve, dopodiché diventano solo un banale dato di fatto. E la figura di Banksy vive immersa in questo concetto: la sua sfuggevolezza, l’ironia di esserci senza esserci davvero (o forse il contrario), è uno degli elementi che lo rendono grande”.
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