Gli scatti romantici e sospesi di Luigi Ghirri sono raccolti all'interno di una nuova rassegna, ospitata nella sede rinascimentale di Palazzo Bisaccioni, a Jesi. Il focus della mostra è sul rapporto del fotografo con lo spazio e con la periferia italiana.

Catturare l'essenza dei luoghi è stata una costante che ha attraversato tutta la ricerca espressiva di Luigi Ghirri, fotografo del quotidiano e voce di riferimento del panorama internazionale del secondo Novecento. A tre decenni dalla scomparsa dell'artista, una nuova rassegna si aggiunge alle diverse iniziative già realizzate per celebrare questo importante anniversario. Si intitola Luigi Ghirri (non) luoghi, e punta l'attenzione proprio sulla componente “toponomastica” ed emozionale del grande fotografo reggiano. LA MOSTRA SU LUIGI GHIRRI A JESI Curata da Massimo Minini (su progetto espositivo ideato da Roberta Angalone), e visitabile fino al prossimo 4 settembre a Palazzo Bisaccioni (sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi), la mostra porta in scena quaranta scatti provenienti da varie collezioni private. Si tratta di immagini selezionate con l'obiettivo di analizzare la ricerca linguistica dell'autore di Scandiano, puntando in particolare i riflettori sul suo rapporto con lo spazio – qui inteso nella sua accezione più ampia: spazio intimo, privato, collettivo, fisico, mentale. IL PERCORSO ESPOSITIVO Per fare ciò, il percorso espositivo si apre con una prima sezione introduttiva dedicata alla vita dell'autore e al suo avvicinamento all'arte della fotografia (alla quale arriverà intorno agli anni Settanta, iniziando a documentare i cambiamenti di un'Italia in fermento economico e culturale). Il percorso prosegue con le sezioni dedicate, appunto, ai luoghi e ai non luoghi. I temi più noti della ricerca di Ghirri sono tutti in questa seconda parte dell'allestimento: la memoria locale, l'attrazione verso i posti dimenticati e meno battuti della Penisola, la pianura padana (algida e accogliente) e i mutamenti del paesaggio (o meglio, i mutamenti del nostro modo di vivere il paesaggio in relazione ai cambiamenti del tempo). Uno sguardo malinconico e incantato su un mondo che non c'è più, o che forse non c'è mai stato. [Immagine in apertura: Luigi Ghirri, Emilia Romagna, 1988, dalla serie Paesaggio Italiano. Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri]
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