La cultura giapponese secondo gli impressionisti
LETTERATURA
Oriente e Occidente sono sempre stati vicini, se non altro per quanto riguarda le discipline artistiche. Un nuovo libro si sofferma su questo fenomeno di innamoramento, accompagnando i lettori dai primi viaggi dei mercanti in Giappone alla nascita dell’Impressionismo, dalle avanguardie novecentesche fino alla popolarità dei manga nei nostri giorni.
È la seconda metà dell'Ottocento
quando un nuovo fenomeno culturale e artistico investe l'Europa.
Porcellane, tessuti, dipinti, oggetti e stampe provenienti
dall'Oriente iniziano a circolare nei territori del “vecchio
continente”, stregando gli artisti più in voga del tempo,
incantati dalla semplicità e dalla leggibilità di quell'arte
fortemente ornamentale.
La storia avrebbe successivamente
consacrato questa “infatuazione” come giapponismo: un
termine generico, ma che bene racchiude la capillarità e la
trasversalità del fenomeno. Un nuovo libro racconta le origini e le
ragioni di questa passione per il Paese del Sol Levante,
analizzando nel dettaglio gli sviluppi storici ed estetici correlati.
ARTE TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Si intitola Gli Impressionisti e il
Giappone, ma tra le sue pagine le vicende partono da ben prima e
proseguono ben oltre i limiti cronologici del movimento francese.
Pubblicato da Giunti editore, il volume (nell'immagine in apertura un
dettaglio della copertina) si sofferma innanzitutto sui contatti
avvenuti con i territori orientali a partire dall'Impero Romano.
Alessandro Magno, Marco Polo, e successivamente i conquistatori
portoghesi del Cinquecento, furono solo alcune tra le prime figure
ammaliate dalle tradizioni e dai gusti estetici di quei luoghi
lontani.
È però nella seconda metà
dell’Ottocento che, anche grazie all'Esposizione Universale
di Londra del 1862, oggetti di uso quotidiano in ceramica, ventagli,
disegni a china e opere in bambù approdano in Europa,
aumentando a dismisura quell'antica attrazione e trasferendola nelle
arti come mai era accaduto prima. Claude Monet ed Édouard Manet
soprattutto, e poi James Whistler, Paul Gauguin, Vincent van
Gogh e Toulouse-Lautrec riprendono nei loro lavori i modelli tipici della cultura giapponese, innescando un gioco
di corrispondenze che non si è mai fermato, continuando per tutto il
Novecento e oltre, fino ai nostri giorni. Basti pensare ai manga.
LE PAROLE DELL'AUTORE
“I motivi per cui il Giappone ha
tanto coinvolto gli artisti europei e statunitensi tra la seconda
metà dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sono moltissimi”,
racconta l'autore Francesco Morena nell'introduzione al libro.
“Tuttavia allora furono in particolare le xilografie
dell'Ukiyo-e, le 'immagini del mondo fluttuante', a innescare la
rivoluzione giapponista. I capolavori di Utamaro, Hokusai e Hiroshige
stupirono non solo per le loro intrinseche qualità artistiche e le
innovazioni tecniche e stilistiche che stimolavano, ma anche perché
il mondo che descrivevano – il teatro Kabuki, donne bellissime,
paesaggi mozzafiato, racconti da brivido – aveva per certi versi
analogie con quello che si andava assestando nella società
occidentale di quel periodo. Quelle stampe raccontavano un Giappone
gaudente, i cui cittadini si inebriavano senza remore dei piaceri
della vita”.