Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere
sulla mostra
Un lungo racconto visivo in bianco e nero, uno straordinario viaggio nell’Italia dal dopoguerra a oggi: è la mostra Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere, omaggio al grande Maestro italiano della fotografia e agli oltre suoi settant’anni di carriera dedicati al reportage e a scatti di indagine sociale. Un percorso fluido e non cronologico, curato da Margherita Guccione e Alessandra Mauro, che si snoda fra oltre 200 fotografie iconiche e alcune inedite. Un’esposizione che prende il titolo dal celebre libro – L’occhio come mestiere – curato da Cesare Colombo nel 1970 e capace di testimoniare le doti fuori dal comune di Berengo Gardin nel narrare il suo tempo in modo coerente e mai artefatto.
BERENGO GARDIN E VENEZIA
"La mostra che il MAXXI dedica a Gianni Berengo Gardin rilegge in una prospettiva nuova la sua lunghissima carriera, segnata da una forte e coerente idea di fotografia-documento, quella che lui chiama 'vera fotografia'. Una modalità che rifugge dalla tentazione della manipolazione analogica o digitale, per riaffermare una visione documentaria, ma mai neutrale e sempre partecipe della realtà. L'idea fondante del racconto è di ripercorrere settant'anni di fotografia in modo prevalentemente geografico con alcuni nuclei tematici, un viaggio che parte da Venezia, un luogo sempre presente nel suo modo di guardare, e che attraversa il paesaggio fisico, sociale e culturale del nostro tempo". Come anticipa Margherita Guccione, curatrice della mostra, il punto di partenza di questo fluido viaggio visivo è rappresentato da Venezia, che Berengo Gardin definisce come la sua vera città natale. Il Maestro studiò, infatti, in Laguna e lì nacque, negli anni Cinquanta, grazie alla frequentazione del circolo La Gondola, la sua passione per la fotografia. Venezia incarna così il suo luogo del cuore, sempre ritratto in modo poetico, intimo, quasi sussurrato, anche nei più recenti progetti fotografici di denuncia (come Grandi Navi del 2013).
LE FOTOGRAFIE DI BERENGO GARDIN
L’esposizione continua poi con una sezione dedicata alla città di Milano, intesa come luogo di incontro con grandi intellettuali quali Ettore Sottsass, Gio Ponti, Ugo Mulas, Dario Fo, ma anche come polo industriale sede delle lotte operaie. L’aver realizzato numerosi reportage sui luoghi di lavoro per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, per Olivetti, aiutarono Berengo Giardin a formarsi una salda coscienza sociale. Con le altre sezioni tematiche si attraversano poi quasi tutte le regioni italiane, dalla Sicilia alle risaie del vercellese, e si ripercorre la storia del nostro Paese dal secondo dopoguerra a oggi. Toccante la sezione dedicata al reportage sugli ospedali psichiatrici realizzato insieme a Carla Cerati e pubblicato nel 1968 nel volume Morire di classe. Gli scatti, che documentarono per la prima volta le condizioni dei pazienti all’interno di alcuni istituti italiani, contribuirono in modo determinante all’approvazione della Legge Basaglia, che portò alla definitiva chiusura dei manicomi nel nostro Paese.
[Immagine in apertura: Venezia, 2004 © Gianni Berengo Gardin/Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia]