Fino al 18 settembre 2022 al MAXXI va in scena uno straordinario racconto visivo della storia del nostro Paese firmato da Gianni Berengo Gardin, indiscusso esponente del reportage e della fotografia italiana di indagine sociale.

Un lungo racconto dell’Italia dal dopoguerra a oggi: il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo ospita fino al 18 settembre 2022 L’occhio come mestiere – la mostra del fotografo Gianni Berengo Gardin. La rassegna, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, raccoglie oltre 200 fotografie (dalle più celebri a quelle inedite mai mostrate al pubblico) e riprende il titolo dalla monografia dell’autore pubblicata nel 1970, corredata dai testi del fotografo Cesare Colombo. Attraverso la scansione di un QR code, è inoltre possibile visitare la mostra ascoltando un podcast – il primo di una serie che il MAXXI ha deciso di dedicare agli artisti presenti con le loro opere nelle collezioni del museo –, in cui Gianni Berengo Gardin racconta in prima persona aneddoti e ricordi legati alla sua carriera e alla sua vita privata. LA MOSTRA SU GIANNI BERENGO GARDIN AL MAXXI La rassegna, con l'intento di introdurre il visitatore in modo immersivo nel mondo di Berengo Gardin, si apre con un intervento site specific dell'illustratrice Martina Vanda che realizza, nei pressi delle scale del museo, grandi illustrazioni in bianco e nero ispirate proprio ad alcuni scatti del fotografo. Poi, in ordine non cronologico, si susseguono sezioni tematiche capaci di mostrare il metodo, la ricerca e l’approccio “artigianale” al fare fotografia di quasi settant’anni di carriera del Maestro. Si parte dalla città di Venezia, che il fotografo ligure sentiva come sua città d’elezione, luogo della sua formazione nei circoli fotografici e dei primi grandi progetti artistici. Poi c’è il racconto di una Milano industriale con la documentazione fotografica della vita in fabbrica e delle lotte operaie, ma anche della città in cui l'autore è riuscito a ritrarre grandi intellettuali come Ettore Sottsass, Gio Ponti, Ugo Mulas, Dario Fo; i reportage sui luoghi di lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e Olivetti, per cui lavorò per oltre 15 anni, e quelli sui grandi cantieri. In mostra anche il fondamentale progetto condotto insieme alla fotografa Carla Cerati che riuscì a documentare, per la prima volta, le condizioni all’interno di numerosi ospedali e istituti psichiatrici italiani. E poi ancora il mondo della cultura Rom, la vita che scorre lenta negli sconosciuti borghi della nostra penisola e il reportage della città de L’Aquila distrutta dal terremoto del 2009. LA FOTOGRAFIA SECONDO BERENGO GARDIN Il percorso espositivo termina con una sezione più personale e privata, incentrata sullo studio milanese del fotografo descritto come una “camera delle meraviglie” e con una parte dedicata ai libri e alle oltre 250 pubblicazioni firmate da Berengo Gardin nel corso della sua carriera. Risultano essere infatti numerosissime le collaborazioni del fotografo con esponenti vari del mondo dell'arte, dell'architettura e della letteratura come, ad esempio, Gabriele Basilico, Luciano D’Alessandro, Ferdinando Scianna e Renzo Piano. Fondamentale quella con l’amico Mario Pannunzio per il settimanale Il Mondo, su cui, tra il 1954 e il 1965, il fotografo pubblica oltre 260 scatti. [Immagine in apertura: Oriolo Romano, Viterbo, 1964 © Gianni Berengo Gardin/Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia]
PUBBLICITÀ