Giotto e il Novecento

sulla mostra

Al Mart di Rovereto la mostra Giotto e il Novecento è tutta dedicata all'importanza che la figura del maestro toscano ha a più riprese assunto nel multiforme sviluppo delle arti nel corso del Ventesimo secolo. Alcuni movimenti, come ad esempio quello italiano del Novecento, una volta terminata l'esperienza delle Avanguardie di inizio secolo, hanno ritenuto opportuno tornare a un linguaggio figurativo di taglio più tradizionale, ancorché aggiornato e originale. Per gli artisti appartenenti a questa scuola di pensiero, ascrivibile a un generale “ritorno all'ordine”, Giotto rappresentava un riferimento imprescindibile.


GIOTTO E IL XX SECOLO


L'esposizione prende il via con una installazione immersiva dedicata alla cappella degli Scrovegni a Padova, capolavoro di Giotto e di tutto il Trecento italiano. L'artista toscano, che abbandonò le ieratiche rigidità della pittura bizantina, è visto dagli artisti della corrente artistica del Novecento come una sorta di “padre nobile”, un incomparabile modello a cui aspirare. Il percorso espositivo analizza poi in dettaglio il fenomeno del “Ritorno all'ordine” e i movimenti artistici che si susseguirono nei decenni successivi attraverso un itinerario di taglio cronologico e tematico. Una cinquantina delle oltre duecento opere in mostra provengono dai fondi interni del museo, come nel caso de Le figlie di Loth, La Carrozzella e Composizione TA (Natura morta metafisica) di Carlo Carrà, ma anche Il poeta Cechov e La moglie del poeta di Arturo Martini, i quattro dipinti figurativi di Giorgio Morandi (notevole una sua Natura morta del 1960), i due teatrini di Fausto Melotti, i due Concetti spaziali di Lucio Fontana, l'opera Study for Homage to the Square: Still Remembered di Josef Albers e i quadri di Massimo Campigli (tra cui I costruttori del 1928), Pompeo Borra e Achille Funi.


GIOTTO NELL'ARTE CONTEMPORANEA


La mostra però, pur dedicando un notevole spazio alla corrente del Novecento, non si ferma ai soli autori italiani o al mero periodo interbellico: sono presenti infatti anche opere di Henri Matisse (Icaro. Tavola dall’album Jazz, Tériade, Paris del 1947), Senza titolo (Rosso) di Mark Rothko del 1968, in arrivo dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, e le opere metafisiche di Yves Klein, che rimase profondamente colpito dal blu dei cieli giotteschi. Un'altra installazione, questa volta di James Turrell, Thyco Blue, accompagna i visitatori verso l'uscita.

[Immagine in apertura: Arturo Martini, La moglie del poeta, 1922. Mart, Collezione privata]

PUBBLICITÀ